Perimetro del Trentino
Tratta 16 – da Malga Bordolona a Tret
Partecipanti: i 4 organizzatori
Un inedito e per certi versi strano gruppo di satini in cammino. Per uno strano destino ci ritroviamo a percorrere una tratta del Perimetro del Trentino tutti e quattro gli staffettisti delle lunga maratona. Aggiungiamo che in via del tutto casuale siamo in sette, una brigata composta da: Michele, Giacomo, Roberto con Marina, Claudio con Tiziana e il sottoscritto in veste di scrivano maldestro. Sono sette i nani, manca Biancaneve, ma ce ne faremo una ragione, sette i giorni della settimana, sette le virtù ed i vizi capitali, sette i libri della Bibbia, sette le meraviglie del mondo ma è anche la cifra della totalità e della completezza. Potrei continuare ma preferisco non tediare l’attento lettore. Vi risparmio l’illustrazione puntuale e dettagliata del tracciato che si trova su guide, manuali ma anche in internet. La giornata è baciata dal sole, la valle che da Bresimo sale verso la malga è una delle meno conosciute del Trentino.
Come ogni camminata che si rispetti la partenza è sempre in salita, ma poi iniziamo un lungo traverso a ritroso nella valle. Saliscendi e piccole radure, scorci sulle montagne e le malghe si aprono ai nostri occhi, qualche goccia di sudore scende. L’umore della brigata è goliardico e le battute si sprecano.
Costeggiamo i prati di malga Binasia alta per poi giungere all’omonimo passo (2296) ove sostiamo per un sospirato pranzo al sacco. La sosta ristoratrice lascia spazio a lazzi, azzi e frizzi, quasi fossimo ritornati adolescenti. Carichi dei nostri zaini riprendiamo il cammino toccando malga Murada (2046) e raccogliendo strada facendo anche alcuni porcini. Giungiamo in fine ad un balcone panoramico sull’intera valle di Non ed il lago di S. Giustina e gli sterminati meleti brulicanti di ominidi intenti nella raccolta dei prelibati frutti.
Secondo alcuni storiografi da queste parti giunsero, per una vacanza premio, Adamo ed Eva che ebbero l’ardire di cogliere una, dicasi una mela. Fatale fu quel dì per l’intera umanità. Meditate, meditate ma attenti che tuttora è meglio non ripetere tale gesto e neppur raccogliere frutti caduti a terra ve ne potreste pentire amaramente.
Quasi all’imbrunire eccoci al bivacco Maddalene presso malga Val che è stata trasformata in un ristorante. Peccato che sia chiuso per l’intera stagione ed a noi ci rimane la consolazione di una cena all’aperto mentre gli ultimi raggi di sole colorano le Dolomiti.
La tavola viene imbandita ed anche i porcini sapientemente e finemente tagliati vengono serviti come antipasto. I “baldi giovani”, leggasi pensionati, individuata una cassa di birre messa in fresca nell’acqua della fontana già pregustano una bevuta colossale. Nell’attesa che il fornelletto per la minestra giunga ad ebollizione eccoci radunati per un brindisi con una bottiglia di buon vino. Oramai è buio, il fuoco crepita ma la minestra non si riscalda, fortunatamente ecco spuntare le mitiche candeline dell’Ikea che poste sotto la pentola aiutano con la loro fiamma alla finale ebollizione di una saporita minestra (in bustina) di verdure stagionali. Il buio ci coglie, qualche sbadiglio, la stanchezza ed in breve ci ritroviamo nella camerata. I toni bassi prevalgono su quelli alti, melodie notturne concilianti con il sonno avvolgono la camerata, ogni tanto una nota stonata. Il russare si fa musica. Poi d’improvviso ecco il colpo di teatro: un telefono squilla, le imprecazioni sono immediate, Giacomo risponde “dormivo”. Risata generale. Un veloce controllo orario e ci accorgiamo, guarda caso, che sono già le sette, minimo, minimo abbiamo dormito per nove ore, la vecchiaia avanza a lenti passi ma forse era solo stanchezza. Intanto fuori è nebbia avvolgente e una pioggerellina quasi argentina cade.
Con scatto felino Roberto scende dal castello (leggasi letto) per preparare sempre con l’aiuto delle candele Ikea l’acqua per il the. Peccato che mentre l’acqua bolliva siamo riusciti a lavarci, disfare le brande, preparare lo zaino e fare colazione all’aperto. Quando finalmente l’acqua era in ebollizione la tavola era vuota di biscotti e qualcuno a provato ad offrire lucanica ma senza successo. La nebbia (visibilità 10-15 metri) ci avvolge alla partenza. Dalle app subito consultate e dal Macaion giungono segnali confortanti: “sarà sereno”. In poco meno di una oretta raggiungiamo la quota di 2245 metri sul crinale di cima Lavazzè. Grondiamo sudore per l’umidità, scendiamo pochi metri ed il cielo si apre, alcuni pinnacoli rocciosi spuntano in alto. Fu tutto un illusione, vana speranza, ripiombiamo nella nebbia più fitta. E qui casa l’asino. Per un puro caso, quasi al completo è presente il gotha della commissione sentieri della Sat. La nebbia ci avvolge, tra pascoli e sassi il passo di Brez è superato, le app e la strumentazione satellitare vengono messe a dura prova, voci si rincorrono assieme ai campanacci delle mucche. “Dieci metri più in alto, qui c’è un segnale, un ometto. Dove sei”. Un magnifico paesaggio vellutato dal quale si vedeva spuntare ogni tanto una sagoma. Valli e crinali si susseguono poi calando di quota ecco malga Kessel, la via viene ritrovata il sentiero 133 (la somma e sette) anche. Tra verdi prati ed abetaie arriviamo a malga Revò ove ci vengono serviti dei canederli al sugo o in brodo. Saziato lo stomaco in pochi minuti arriviamo al Passo Castrin punto di arrivo della due giorni sulle Maddalene.