Sentiero San Vili
Il Sentiero “San Vili” unisce Trento a Madonna di Campiglio, la Valle dell’Adige alle Dolomiti di Brenta, lungo percorsi alternativi a piedi (sentieri antichi, nuove ciclopedonali) che portano dalla città alla montagna. Il Sentiero ricalca l’antica via romana che la tradizione vuole percorsa nel 400 d.C. da Vigilio, il vescovo patrono di Trento, e dalle sue spoglie, dopo il martirio in Rendena. Sono circa 100 chilometri, suddivisi in sei (o cinque) tappe, alla ricerca di emozioni paesaggistiche, storiche e naturalistiche.
Il percorso del “SAN VILI”
Frequentato da un numero crescente di escursionisti e pellegrini, nel corso del 2013 il Sentiero è stato aggiornato a formare un itinerario “BASSO” e un itinerario “ALTO”.
Il San Vili “BASSO”, più facile e con meno dislivelli, comprende le nuove tratte, meglio collegate ai centri abitati e individuate, adattandole alle esigenze logistiche, anche al verosimile storico passaggio del vescovo Vigilio;.
Il percorso è proposto nelle seguenti sei tappe:
da Trento/Duomo a Sopramonte
da Sopramonte a Due Laghi
da Due Laghi a San Lorenzo in Banale
da San Lorenzo in Banale a Saone
da Saone a Caderzone Terme
da Caderzone Terme a Madonna di Campiglio
Lunghezza: km 106,9
Dislivelli in salita: m 3.772
Dislivelli in discesa: m 2.454
Effettivo cammino: ore 35.00
Il San Vili “ALTO” rispetta invece sostanzialmente la proposta originaria del 1988, anch’esso adattato per le esigenze logistiche dei posti tappa. I due percorsi in parte coincidono.
Il percorso “ALTO” del San Vili proposto nelle seguenti cinque tappe:
da Trento/Duomo a Monte Terlago-Vallene
da Monte Terlago-Vallene a San Lorenzo in Banale
da San Lorenzo in Banale a Larzana di Montagne
da Larzana di Montagne a Caderzone Terme
da Caderzone Terme a Madonna di Campiglio
Lunghezza: km 109,8
Dislivelli in salita: m 4.729
Dislivelli in discesa: m 3.411
Effettivo cammino: ore 38.20
Info & Download
Informazioni sul sentiero e file .gpx da scaricare.
Perchè il San Vili?
(estratto da “Il Sentiero di San Vili – di Gian Paolo Margonari e Franco de Battaglia, ed. SAT 2013 )
L’idea
Il Sentiero di San Vili è nato nel 1988 dalla volontà della SAT-Società degli Alpinisti Tridentini di legarsi sempre più al suo territorio. La SAT, da sempre, considera i sentieri non semplici tragitti funzionali per unire un luogo all’altro, ma linee forti, capaci di stringere il paesaggio, nelle sue diverse espressioni di storia, cultura e lavoro (i campi, i boschi, i muretti, i selciati…), alle emozioni di chi lo percorre e lo vive. Camminare muove corpo e spirito allo stesso ritmo, li fa sentire insieme…
Mosaico di valori e di tutela attiva del territorio
Il San Vili è nato anche da una curiosa e assidua esplorazione dei territori fra la Valle dell’Adige e il Gruppo di Brenta, dall’osservare quanti meravigliosi tratti storici di sentiero si fossero ancora salvati dalla cementificazione e dalla distruzione, e quanti, invece, fossero in pericolo di esserne sommersi o di cadere nell’oblio. Ogni strada forestale che si sovrappone e spiana i sentieri (al di là della sua funzione) ogni percorso turistico artificiale, distrugge di fatto un pezzo di memoria della montagna. Allora questi tratti “residui” e preziosi, perché non collegarli insieme come un mosaico, perché si sostengano l’uno con l’altro e comunichino il loro pieno valore? E così riscoprano anche una loro funzione nella modernità? Un “salezà” (selciato) di poche centinaia di metri è destinato sicuramente all’asfalto, ma se viene collegato a un sentiero storico forse si può salvare.
Dove comincia la montagna
Ecco gli elementi che hanno portato alla progettazione del San Vili, ai quali se ne aggiunge un altro: la consapevolezza che la “Montagna”, in quanto dimensione alternativa di vita, di esperienze e di libertà, non inizia ai “1500 metri” (!) come si diceva un tempo, oltre il bosco, ai piedi dei ghiaioni e dei rifugi. Piuttosto si afferma a partire dalla realtà urbana. Città e montagna sono indissolubilmente legate, si differenziano ma si legittimano a vicenda. Il degrado dell’una (città) porta alla rovina (speculazione) dell’altra, la montagna. E la caduta della montagna porta alla morte delle città. Trento ha costruito la sua identità in rapporto alla montagna: il Gruppo di Brenta è la proiezione alpina dell’identità trentina, e d’altro canto è la “spina” che ancora collega le valli (Anaunia, Rendena) alla “grande storia” che transita lungo l’Adige. San Vigilio, il vescovo che da Trento salì a portare il messaggio evangelico nelle valli, e che fu martire in Rendena, è il simbolo di questo legame.
Il Sentiero è di chi lo percorre
Da tutto questo deriva che il San Vili, non è nato come un sentiero di pellegrinaggio, anche se poi, in certa misura lo è diventato, per scelta e sensibilità di chi lo percorreva, unendo in sé una dimensione civile e una dimensione sacra del Trentino. Il San Vili si è presentato innanzitutto come un sentiero di memoria, di identità, di attenzione alle bellezze “minori” (perché più trascurate, non perché meno importanti) della montagna, del paesaggio con i suoi aspetti naturalistici, della vita rurale con la sua cultura sobria dell’autonomia. È nato con la consapevolezza che la “dimensione montagna” non è solo alpinistica.
Sentiero di memoria
Il nome “San Vili” venne attribuito a sentiero già studiato e tracciato. Non si voleva seguire meticolosamente il percorso di Vigilio da Trento alla Rendena, né il transito delle sue spoglie da Mortaso al cimitero della Trento romana su cui poi sorse la cattedrale a lui intitolata. Si volevano legare al Sentiero momenti e luoghi significativi. Di qui la salita – faticosa – a Irone, per ricordare la peste del 1630 e collegarla con il Lazzaretto, ancora intatto, fra Caderzone e Pinzolo, un autentico monumento “manzoniano”. Di qui la salita a Pra da l’Asan e la discesa a Bocenago per godere di una montagna minore dal fascino ancora intatto. Vigilio non era passato di lì. Vigilio passò dalla Sesena (ora strada camionabile) dal Vat (guado di Tione) e di lì risalì al martirio di Mortaso. La cappella originaria della parrocchiale di Spiazzo è costruita su un masso allora lambito dal Sarca, e da cui Vigilio precipitò, o fu fatto precipitare. A dare il nome al sentiero fu Nereo Garbari, presidente della SAT di Vezzano, che ricordò come la salita dal Piè di Gazza a Margone venisse chiamata, ancora dopo secoli, “di San Vili” dalle popolazioni locali. Un nome, un segno, un destino.
L’itinerario Vigiliano
Vescovo e martire, terzo nella serie dei vescovi di Trento, Vigilio morì il 26 giugno del 400 (o del 405 d.C.) a Spiazzo in Val Rendena. Vigilio stava predicando in riva al Sarca contestando i riti estivi a Saturno delle popolazioni locali quando, colpito da zoccoli o da pani duri, secondo la tradizione, scagliatigli contro, precipitò nel fiume e venne trascinato via dalla corrente. L’architettura fa ancora memoria del martirio con la Pieve di Spiazzo a lui dedicata, costruita su una primitiva cappella proprio su un masso in riva al fiume, segno che lì qualcosa di rilevante era accaduto, perché solitamente gli uomini di Rendena stavano bene attenti a costruire le loro chiese lontano dai temibili corsi d’acqua. Un’altra suggestiva testimonianza è la chiesetta in riva al Sarca a Tione, che ricorda il luogo dove secondo la tradizione il corpo di Vigilio fu depositato dalla corrente.
Come ricorda Aldo Gorfer, dopo la morte del vescovo, il corteo funebre sostò sul fiume Sarca presso Tione, dove una “gran turba di Bresciani armati” reclamò il corpo del santo. I Trentini non cedettero. Donarono agli avversari un vaso d’argento. Proseguirono poi verso Trento. Non molto lungi dalla città sostarono nel luogo chiamato “Vela”.
L’itinerario seguìto da Vigilio e dai cristiani trentini che ne riportarono il corpo in città, corrisponde al vecchio passaggio del Bus de Vela, raggiunto da Tione attraverso Ragoli, Stenico, Banale, Ranzo e il Vezzanese. Lo scandiscono le cappelle dedicate al vescovo di Trento: San Vigilio di Spiazzo, San Vigilio al Vat di Tione, San Vigilio di Stenico (San Vigilio di Curé, San Vigilio di Molveno), la suggestiva cappella di Ranzo, San Vigilio di Vezzano fino alla cattedrale di Trento.
Vigilio si pone come testimone di una spiritualità romana e alpina alla vigilia della grande rivoluzione barbarica e come tale viene ancora ricordato in innumerevoli luoghi di pietà e di devozione.